Quando vintage e fotografia si incontrano, la prima associazione che salta alla mente sono le reflex analogiche, o la Rolleiflex per i più appassionati.
Proviamo a conoscere meglio questa tipologia di fotocamera.
 
Nasce agli inizi del ‘900, più precisamente alla fine degli anni ’20, in Germania. 
Per quanto riguarda la nicchia di destinazione era stata pensata per un uso strettamente professionale data la qualità di altissimo livello. 
 
E com’è strutturata una biottica?
Già dal nome, si può intendere che sia composta da due obiettivi. 
Stiamo inoltre parlando di una reflex, ovvero di una fotocamera in cui dal mirino si osserva l’inquadratura che entra nell’obiettivo.
Unendo queste due informazioni, arriviamo a capire come funziona una Rolleiflex: uno dei due obiettivi è l’obiettivo fotografico, quello cioè che verrà utilizzato per acquisire l’immagine; l’altro invece, identico al primo per quanto riguarda la lunghezza focale, sarà quello utilizzato per il mirino.
I due obiettivi poi sono strutturati in maniera tale che vi sia tra i due un collegamento, per cui il fuoco che viene definito attraverso il mirino è lo stesso che ritroveremo sulla pellicola.
 
E a proposito del mirino?
Rientra nella particolare tipologia “a pozzetto”: l’immagine che entra dall’obiettivo dedicato, verrà riflessa su uno specchio posto a 45 gradi e mostrata, rovesciata destra-sinistra, sul vetro smerigliato che il fotografo osserverà dall’alto.